giovedì 13 dicembre 2012

All I want for Christmas is a job.

Cerco lavoro, ma proprio lo cerco proprio tanto. Un po' come molti, di questi tempi. Solo che io lo cerco in Irlanda in una lingua che conosco ai livelli di sopravvivenza minima. Dal 20 di Ottobre circa mando CV a destra e manca, ripetendo gli invii anche 3 o 4 volte (nel caso di Apple 7, mi pare, nel caso di Google e di eBay penso siamo già alla dozzina).
Ci sono questi bellissimi e dettagliatissimi annunci, che ti descrivono esattamente che tipo di lavoro andrai a fare, quanto prenderai, che tipo di persona cercano, quasi ti dicono pure quante volte ti potrai alzare per andare a fare pipì mentre sarai in turno. Li sfogli, li leggi, ti rendi conto che, bene o male, sai fare tutto quello che ti chiedono e pigi "Apply".
Questo tastino infernale ti catapulta in una pagina, all'apparenza innocua, nella quale ti descrivono di nuovo il lavoro e ti chiedono se hai il permesso di lavorare in Irlanda e se hai bisogno di un visto. Poi ti chiedono di immettere i tuoi dati sensibili: chi sei, quanti anni hai, di dove sei (quanti fagioli ci sono nel barattolo...).
Comunque fin qui tutto ok. Dopo che hai compilato tutto, ti chiedono di scrivere, dettagliatamente, tutte le tue esperienze lavorative immettendo date, numeri di telefoni di supervisori/datori di lavoro e mansioni rivestite (cosa che, ovviamente, hanno già nel curriculum in allegato, ma leggerlo forse gli viene troppo difficile). Finito di compilare questa parte rognosa, c'è la parte relativa alla formazione (la mia è molto breve, devo dire, e questa cosa mi fa sentire piccola piccola).
Poi iniziano le domande strane:

Quanto vuoi come stipendio?
Ah, perché  posso decidere io? Ok, allora facciamo ventimilamilionidimiliardi di euri. Milionedimiliardo più, milionedimiliardo meno.

Quali sono le tue aspettative di carriera?
Guarda, se fosse per me vorrei fare il Presidente, al massimo L'Amministratore Delegato. Per cosa era l'annuncio? Operatore di call center? Ok, va bene lo stesso.

Hai la patente?
Si, ma... cazzo, sto cercando lavoro in un call center, mica come camionista!

Sai nuotare?
Eh, ho capito che in Irlanda piove un sacco, ma da lì a dover nuotare per arrivare in ufficio la mattina...

Sei musulmano?
No, guarda, teoricamente sono cattolica. Però la carne di maiale non mi fa impazzire e la evito. Fa uguale?

Infine, ti chiedono di scrivere una short cover letter, una specie di lettera di presentazione nella quale dovresti evidenziare i tuoi punti forti che potrebbero fare gola all'azienda.
Insomma, faticosamente ti districhi tra queste 1000 domande, tenendo a mente che, sia nelle risposte, sia nella cover letter, devi sembrare positiva ma realista, disponibile ma non disperata, professionale ma friendly, motivata ma non ruba-lavoro, precisa ma non rompicoglioni.
Finalmente arrivi alla fine e ricevi la mail di conferma dell'avvenuta candidatura (di solito un servizio automatico del sito di annunci), che generalmente recita così:

"Gentile Valeria, 
grazie per averci mandato il Suo CV. 
Vista l'ingente mole di CV che ci pervengono in questi giorni, verificheremo se le Sue competenze corrispondono al profilo professionale che cerchiamo. Solo in quel caso La ricontatteremo per un colloquio.
Grazie per l'interesse che ha dimostrato verso la nostra azienda.
Cordiali saluti"

Ecco, io di queste risposte ne ho tipo un centinaio, e a volte manco questo ricevo. Vabbè.
Raramente capita anche che ti ricontattano perché your skills match the profile (a me è capitato solo 3 volte) e lì iniziano i guai. Un'agenzia di recruitment mi ha mandato delle possibili domande per prepararmi al colloquio che hanno dell'allucinante. Sì, perché al colloquio vogliono che gli racconti le storielle. È possibile che ti chiedano robe tipo: "descrivi una situazione in cui sei riuscita a usare la persuasione per convincere qualcuno a vedere cose a modo tuo". Oppure "descrivi una volta in cui hai previsto un potenziale problema e hai sviluppato misure di prevenzione", o ancora "dimmi di una volta in cui sei stata in grado di affrontare con successo un'altra persona, anche quando tale persona non ti piaceva particolarmente". E ricordiamoci sempre che sto cercando lavoro in un call center (con tutto il mio rispetto per il call center, ci ho passato 10 anni dentro a un call center a Roma!).
Insomma: studi, ti prepari e a questo colloquio ci vai. La mattina ti alzi a un orario improbabile, oscillante tra le 05.30 e le 06.15. Ti vesti bene, tipo tailleur, scarpe col tacco e trucco leggero. Ti rendi conto che morirai di freddo visto che ci sono 3°, ma per il lavoro questo ed altro. Ti rechi in stazione, ché mica il colloquio ce l'hai nella tua città, NO!, ti devi fare minimo un'ora e mezza di treno/autobus. Arrivi in questo posto, generalmente un business park lontano dal centro città, con almeno tre quarti d'ora d'anticipo (meglio in anticipo che in ritardo, ti dici, anche se stai al freddo e al gelo). Localizzi l'azienda, ché in questo dannantissimo business park ci saranno 45 edifici tutti uguali, e ti rivolgi alla tizia della reception che, notando la tua espressione da zombie, ti chiede se vuoi un caffè. Accetti volentieri e, proprio mentre stai per dare il primo sorso ristoratore a quel bibitone caldo, arrivano i tuoi esaminatori. Non hai abbastanza mani per tenere la borsa, il caffè e stringere la mano a queste persone sorridenti che, noti subito, sono vestite come se stessero andando a fare la spesa al Lidl. Incurante, molli la borsa a terra (lei ovviamente, infida, fa un tonfo sordo rivelando parte del contenuto, tra cui una rivista di moda e della cartaccia appallottolata) e stringi la mano a queste persone che ti introducono subito in una stanza con un grande tavolo. Lì inizia la battaglia. Intanto vorrei sottolineare che non è leale essere in tre contro una. Poi iniziano a farti domande su situazioni-tipo, su possibili risoluzioni di guasti standard a periferiche quali stampanti, monitor, mouse e sulle tue abilità relazionali, annuendo con vigore e facendo sorrisi a 32 denti a qualsiasi cosa tu dica. Ovvio che lì pensi che ce li hai in pugno. Alla fine del colloquio, dopo circa un'ora e un quarto, ti salutano e ti dicono "Ci faremo sentire presto".
Torni a casa soddisfatta e inizi a pensare a cosa comprerai da IKEA per arredare la tua nuova casa (la vita è fatta di priorità), ché con un lavoro ti potrai anche permettere di andare a vivere di nuovo da sola (il mio chiodo fisso sono 2 tappeti HAMPEN, uno rosa e uno azzurro, attaccati al muro). Poi telefoni a mamma, in Sicilia, e le dici che hai fatto un colloquio e che credi non sia andato male, anzi! Dopo due giorni senti una tua carissima amica di Roma che faceva il tuo stesso lavoro e le fai le stesse domande che hanno fatto a te e lei ti dà le stesse risposte che hai dato tu. Dopo tre giorni parli con un'altra carissima amica di Roma che ti dice che ha un buon presentimento e che sta andando ad accendere un cero alla Madonna. Dopo quattro giorni un'altra tua amica ti chiede come è andato quel colloquio di cui le avevi accennato la settimana prima e, dopo il tuo racconto, ti offre una pinta di Guinness per festeggiare. Dopo cinque giorni l'azienda ti richiama e ti dice che non vai bene. "Ma come?!?!", dici. "Non avete fatto altro che annuire e sorridere e dirmi OK! Perfect! a ogni singola cazzata che dicevo!"
Addio sogni di gloria, addio tappeti HAMPEN alle pareti.
Il giorno dopo, con il morale sotto i piedi, devi ricominciare tutto da capo.

Tutto questo per dire che domani ho un colloquio a Dublino e anziché studiare sto scrivendo questo post.

2 commenti:

  1. le domande sulle situazioni critiche o di successo per me sono state all'ordine del giorno, quando facevo colloqui.
    non ti dico la prima che ho ricevuto però, per fortuna ho inventato una semi-balla credibile.
    almeno per le prossime ero preparata.
    come è andato il colloquio?

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    1. Mah, ti dirò, mi hanno detto una cosa che mai mi sarei aspettata: "le faremo sapere". Pensa che novità!

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